LA LOBA – La Penna magica di ANTONELLA CALDARELLA racconta le donne

Grandi consensi per lo spettacolo “La Loba” di Antonella Caldarella, venerdì 10, sabato 11 e domenica 12 maggio alla Sala Roots di Catania – Produzione Teatro Argentum Potabile.

Magia, evocazione, emozioni: sono alcuni degli ingredienti che fanno de “La Loba” di Antonella Caldarella uno spettacolo diverso, nel significato più positivo del termine, autentico, immersivo dove lo spettatore si ritrova direttamente catapultato dentro alle storie: quasi si sfioravano i protagonisti.

Ovattati da una nebbia che conferisce mistero e pathos, la misè en scene conquista un pubblico attentissimo, quasi rapito, ingoiato dalle danze, dal racconto e dalle bellissime ed appropriate musiche originali di Andrea Cable. Il canto delle tre giovani protagoniste in scena è una melodiosa nenia che rimane impresa nelle menti. I racconti corali ci ricordano i cori greci, le origini del teatro stesso: grande e potente è il pathos creato dall’interpretazione.

I bellissimi costumi primordiali di Gaetano e Maria Riela ricordano Madre Natura e il fascino della terra e sono perfettamente congrui al testo.

L’impeccabile regia di Antonella Caldarella è curata minuziosamente: ogni dettaglio non è lasciato al caso, i movimenti ben coordinati, esemplare tempismo nei cori evocativi.

Siamo in un libro di fiabe e ci muoviamo nella magia del tempo e dello spazio: possiamo finanche vedere materializzarsi davanti a noi le donne delle quali si racconta.

“La Loba è un testo teatrale ispirato alle fiabe contenute nel libro di Clarissa Pinkola Estés ‘Donne che corrono coi lupi’ – dichiara Antonella Caldarella – “È una sorta di viaggio con tante fiabe simboliche basate sull’archetipo femminile, dal respiro quasi arcaico. Mi piace sottolineare che è un teatro narrativo, ma allo stesso tempo fisico e dinamico. Tutto fatto di sudore e anima. La loba è la lupa, la raccoglitrice, la donna delle ossa. Il suo canto, se scegli di seguirlo, ti porta in un mondo arcaico dove danzano donne-foche sotto la luna in riva al mare, dove la donna-scheletro beve lacrime umane per ricoprirsi di carne, dove i vecchi si rivelano bambini e i bambini, vecchi saggi. Alla scoperta della donna selvaggia che dimora in noi che talvolta rimane nascosta per anni oppure si manifesta sin dalla nascita”.

Sulla scena tre attrici degne di oggettivo e sincero encomio: Maria Riela, Clara Baudo e Chiara Sciuto.

A piedi scalzi come per volere un contatto profondo con le radici della terra, con gli abissi del mare, nel vortice della danza unita al racconto, le donne si rivelano fragili, innamorate, amanti, donne, bambine.

Un micro – mondo numerosissimo che spesso soffre perché usurpato, non rispettato, sopraffatto, manipolato, illuso.

L’universo femminile rivelato dalla magia delle fiabe, incorniciato dal lirismo che emoziona, appassiona e commuove toccando le corde più intime dell’anima e rivelando il mistero della vita e della morte.

Il mondo femminile con le sue contraddizioni, le sue debolezze, il suo arcano mistero: il simbolismo e la metafora caratterizza uno spettacolo ricco di contenuti importanti per chi li sa cogliere.

La donna – lupo, selvaggia e allo stesso tempo protettiva, la donna – foca che si sveste della propria pelle per amore e per amare, per donare la vita; di contro le viene negata, la disillusione la mortifica e la consuma.

La donna – scheletro sepolta dalle acque del mare il cui corpo ritorna alla vita riempiendosi di carne per merito delle lacrime di un pescatore: carne – vita, lacrime – disperazione. L’istinto di ricomporsi dopo un periodo di completa solitudine e sofferenza, la sindrome dell’araba fenice capace di risorgere dalle proprie ceneri.

L’eroicità che caratterizza “l’altra metà del cielo” è tangibile, sacra, indiscutibile: la forza interiore è la forza di quel lupo che lotta per difendersi e difendere i suoi piccoli, è la luce ed il calore intenso del sole, stella creatrice dell’energia universale indomabile.

Un testo semplice nella forza prorompente dei suoi contenuti: la danza e il canto, i cori formano quella cornice che rende splendido un quadro che reca la firma benedetta dello Yin: energia femminile, il nero, il buio, l’acqua e la sua trasformazione, la luna, la terra, il vecchio.

Le attrici sono leggere nella danza ma incisive nella recitazione: le parole sono scandite, chiare, dirette, taglienti. I cori, la mimica, la magnifica eloquenza dei corpi in movimento fanno di questo spettacolo una chicca di eleganza ed originalità riportandoci con la mente al mito, alla tradizione antica pur mantenendo la sua solenne personalità artistica.

Gli applausi scaturiscono soltanto alla fine della messa in scena: il pubblico è totalmente intriso in quell’atmosfera di fiaba e sogno.

Difficile ritornare alla realtà.

Un giorno un uomo chiese al genio della lampada di renderlo più intelligente di qualsiasi altro uomo sulla terra. Il genio lo trasformò in una donna.
(Anonimo)

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