Una damigiana d’olio di 5 litri si rompe e si svuota completamente sul pavimento. L’olio pervade e invade tutto nella casa di Giuseppe e Giovanna. Giovanna è incinta.
Lei vorrebbe imparare, impastare, ereditare quel
mondo di farina, canditi, di cioccolata, ma
soprattutto vuole creare il marchio di fabbrica: il
famoso Makallè, il simbolo della sua piccola
rivoluzione.
Come fare? Come rubare? Bisogna ingegnarsi
per scardinare questo antico retaggio.
Angela lotta con tutte le sue forze sin da
bambina, ci racconta la sua storia, quella delle
centinaia di nonne, di zie, di madri che hanno
costruito il grande mosaico del cambiamento.
Ci racconta i mille volti che ha incontrato, le
canzoni che l’hanno accompagnata, la farina
impastata e la sua ferma volontà di conquistare
il suo ruolo, di essere “tutta Makallè”.
“Che cos’è Makallè? È una poesia.”
Giuseppe Scognamiglio, per tutti il Signor Makallè, è il più bravo pasticcere del paese
ed è il padre di Angela. In quella famiglia le ricette sono sacre, segrete, tramandate
da generazioni al primo figlio maschio: Angela non può ereditare.
La sfortuna, secondo la credenza
popolare, non può essere scacciata.
Si corre ai ripari, si chiama il prete per
benedire tutto. Ed ecco, il pericolo
sembra essere scampato. Giovanna
partorisce e nel mettere al mondo la
sua creatura muore.
“È femmina”, urla la nonna.
“Ecco il seme della disgrazia”, urla suo padre.
Angela, la prima figlia femmina, cresce fra le braccia di sua nonna, fra monache e
preghiere, fra farina e Makallè.