Una nutrita fila di bimbi attende pazientemente in campo per ricevere l’autografo dell’arbitro Nigel Owens. Non ricordo con esattezza né la città (mi pare si trattasse di Parma) né l’evento rugbistico (forse un test match dell’Italia). Ma ricordo molto bene quelle bellissime immagini. Chiedere l’autografo ad un arbitro? Possibile? Ma che razza di mondo è questo del Rugby? Oltretutto un arbitro dichiaratamente omosessuale, condizione questa che purtroppo ancora oggi attira a sé pregiudizi e cattiverie di ogni tipo. Cosa rende così speciale questo personaggio, tanto da abbattere barriere e pregiudizi? Direi la sua storia, raccontata in questa biografia tradotta e pubblicata meritoriamente da Opera Incerta Editore. Poi la sua ironia travolgente, in campo e fuori dal campo. Come dimenticare le sue battute che riuscivano a stemperare anche le tensioni più importanti di partite combattute e incerte? Al giocatore che protestava: “il campo di calcio è 500 metri più in là”; “forse non ci hanno presentati. Ma io sono l’arbitro”; dopo una rimessa laterale sbagliata “quel lancio è più dritto di me” (modo di dire gallese per esprimere con autoironia la propria omosessualità) e così via. Infine la sua personalità con la quale metteva in riga omoni di 140 kg che si avvicinavano a lui con la coda tra le gambe ed il candore dei bimbi in abito bianco per la Prima Comunione.
Com’è possibile che un uomo così, che ancor prima di intraprendere la carriera di arbitro riempiva ed intratteneva con le sue battute sale piene di persone entusiaste, sia arrivato ad un passo dal suicidio? Purtroppo il peso di un’omosessualità non dichiarata può arrivare a questo genere di disperazione. Owens pensava di non essere accettato, dai suoi affetti, dal mondo “macho” del Rugby, dalla comunità. Invece trovò intorno a sé il calore umano così tanto importante per la vita di ognuno di noi, diventando il Nigel Owens che tutti conosciamo e amiamo. “Devo più io al rugby di quanto il rugby mi dovrà mai”, così si espresse quando smise di arbitrare. Il rugby non lo deluse (nel 2009 tra l’altro il rugbista gallese Gareth Thomas fece anch’egli coming out temendo l’ostilità del mondo della palla ovale. Invece, con sua grande sorpresa, trovò la standing ovation dei 30.000 spettatori di Tolosa). Le direzioni arbitrali di Owens ci mancano. Ha lasciato un segno così indelebile che oggi qualunque arbitro preparato, qualunque tentativo di ironia, qualunque approccio dialogante con i giocatori apparirebbero comunque come copie sbiadite di un personaggio a tutti gli effetti insostituibile. Ma l’età passa per tutti ed il suo ritiro è stato inevitabile (considerando, oltretutto, la velocità che ha assunto il rugby di alto livello).
Perché acquistare questo libro? Semplicemente perché è una storia di vita. E come ogni storia di vita contiene gioie, dolori, l’oscurità dei tempi bui e i colori dell’arcobaleno riconquistati con coraggio, contiene le varie sfaccettature di un personaggio unico che vale la pena approfondire.
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