L’anniversario è doloroso, ogni anno. Non potrebbe essere altrimenti. È doloroso perché risveglia in noi siciliani una ferita mai rimarginata. È doloroso perché ci si sente a disagio a ricordare solo Giovanni Falcone e Paolo Borsellino nel loro estremo sacrificio perché in realtà l’elenco è lunghissimo (l’associazione Libera rimedia col suo lunghissimo elenco delle vittime della mafia, letto pubblicamente ogni anno). È doloroso perché vorremmo tanto andare oltre, dimenticare quell’onta che macchia il nostro essere siciliani, fatto anche di progettualità, di sguardo al futuro, di creatività, di socialità, di innovazione. È doloroso perché rinnova la litania delle passarelle ipocrite, come giustamente denunciato ad Adnkronos da Giuseppe Costanza, autista di Falcone sopravvissuto alla strage (“Sono 30 anni che parlo ma non cambia nulla, ora sono stanco ed ho speranza solo nei giovani”). In totale empatia col signor Giuseppe, che abbraccio con sincero affetto, vorrei però rispondergli che qualcosa, in realtà, in questi anni è cambiato. C’è stato l’arresto dei più importanti latitanti, c’è stata una generazione di magistrati nata proprio sull’onda emotiva di quei tragici eventi. Ci sono state delle legislazioni importanti che consentono una maggiore trasparenza negli atti pubblici e soprattutto la confisca dei beni mafiosi, trasformati in beni di pubblica utilità.
E allora, a che punto è oggi la situazione? Non ci sono più stragi perché lo Stato è vigile oppure è solo variata la strategia dei clan, che preferiscono muoversi coi prestanome e fare affari d’oro senza troppo rumore, servendosi tra l’altro di collaboratori laureati e in doppio petto? Probabilmente la seconda ipotesi è quella più plausibile purtroppo. Basti pensare ai fiumi di droga che arrivano nelle grandi città, soprattutto Catania e Palermo. I sequestri sono imponenti, si tratta di quantità record e fanno temere, ad esempio nella città etnea, la nascita di una vera e propria Medellin siciliana. E ce ne accorgiamo ogni giorno. Nei comportamenti umani, nel modo di guidare, nelle reazioni inconsulte e “schizzate”, nel tenore di vita di persone che sulla carta risultano nullatenenti e poi girano con automobili assolutamente fuori dalla portata di un qualunque essere umano lavoratore o a maggior ragione “disoccupato”. Ai consumatori di sostanze vorrei dire, senza ombra di moralismo, che le droghe fanno malissimo per almeno 5 ragioni: 1) innanzitutto alla salute. Se con l’eroina c’era una situazione di dipendenza che ghettizzava il consumatore agli occhi del mondo oggi le droghe sintetiche si assumono a cuor leggero senza aghi e, insieme al crack, distruggono i neuroni; la cocaina invece crea delirio di onnipotenza causando comportamenti dannosi per sé e per gli altri; 2) cambiamento della personalità. Non siete più voi stessi, fate un salto nel buio spesso senza ritorno; 3) fa malissimo alle vostre relazioni affettive. Saranno distrutte, sgretolate dal consumo di sostanze; 4) fa male alle tasche. Le droghe costano e vi portano ad azioni riprovevoli per accaparrare le somme necessarie; 5) fa male, per tornare al tema centrale dell’articolo, alla società perché rimpingua le casse delle cosche mafiose. Per anni sono stato affascinato dall’idea della legalizzazione delle droghe leggere. Pensavo che così si potesse assestare un bel colpo alle cosche. Rimango per la totale liberalizzazione per quanto riguarda l’uso terapeutico. Ma il magistrato Nicola Gratteri, persona che stimo moltissimo, grande studioso del fenomeno, ci fa notare che la legalizzazione non darebbe nemmeno un graffio alle cosche, in quanto i costi del mercato nero sarebbero enormemente inferiori e quindi non ci sarebbe nessuna sostanziale differenza di ricavo per le mafie.
Cosa possiamo fare per dare un contributo concreto? Penso che ogni volta che scegliamo di comprare nei piccoli negozi, nelle piccole cooperative, tutte le volte che scegliamo di non entrare in bar dove la puzza di mafia si respira a km, tutte le volte che denunciamo un abuso, una tentata violenza, tutte le volte in cui cerchiamo di rendere più bella la nostra terra con piccoli gesti quotidiani, tutte le volte in cui ci prendiamo cura dei più deboli, facciamo un piccolo passo nella direzione che Giovanni, Francesca, Rocco, Vito, Antonio e le altre centinaia di vittime della mafia, avrebbero desiderato.
Sono parole vere, sentite nell’animo, semplici e come tali grandi. È vero si sono fatti molti passi avanti in questo ventennio ma la mafia muove interessi così grandi che col denaro o con la violenza può corrompere tante brave persone. Ci vogliono dei veri eroi per combattere la mafia ma purtroppo è luna categoria in via d’estinzione
Grazie Franco di cuore per il tuo intervento puntuale e sentito. Un grande abbraccio