L’Arena di Verona ha ospitato un evento molto importante. Davanti a 12500 persone con le bandiere arcobaleno, Amadeus ha presentato con apprezzabile sobrietà lasciando spazio agli interventi. Innanzitutto quello di Papa Francesco, che attualmente è forse l’unico rappresentante autorevole che si stia battendo realmente per la Pace. Una parola, quest’ultima, divenuta scomoda, stridente, quasi sbeffeggiata al cospetto di logiche di guerra che sembrano ai più irreversibili. Ma la Pace, ci ricorda il Papa, va costruita e va cercata, soprattutto nel rispetto dei bambini, prime vittime di questi disastri: la diplomazia della politica, l’umanizzazione di un’economia che con le guerre fa soldi a palate. E poi tutti noi, nel nostro quotidiano, nelle nostre relazioni umane, nei nostri piccoli contesti di ogni giorno. “Non bisogna avere paura del conflitto né fuggirne”. Ovviamente il pontefice non si riferisce ai conflitti armati ma a quelli interpersonali che, se affrontati costruttivamente, possono essere fertili opportunità di scambio invece che di frattura. Accanto al papa Alex Zanotelli, missionario comboniano per anni impegnato in Africa ed oggi attivo nel rione Sanità di Napoli. Interventi di don Luigi Ciotti (fondatore del Gruppo Abele e di Libera – Associazioni, nomi e numeri contro le mafie), Sergio Paronetto di Pax Christi, Andrea Riccardi (fondatore della Comunità di Sant’Egidio), Vanessa Nakate (attivista ugandese di Fridays for future, movimento per la giustizia climatica). Ligabue ha cantato accompagnato da un pianoforte e ribadendo che “sono sempre i sogni a fare la realtà”.
Il momento più struggente lo abbiamo vissuto quando sul palco sono intervenuti l’israeliano Maoz Inon (al quale sono stati uccisi i genitori da Hamas negli attacchi del 7 ottobre) ed il palestinese Aziz Sarah (al quale l’esercito israeliano ha ucciso il fratello), abbracciandosi l’un l’altro. Un gesto di grande potenza simbolica per andare oltre le ondate di odio che seppelliscono la speranza. “La pace va organizzata” ha fatto notare l’afghana Mahbouba Seraj, come darle torto?
È stata una mattinata ispirante e densa di significato. L’invito che ci viene fatto è quello di non cedere mai alla rassegnazione (che può tramutarsi, senza che ce ne accorgiamo, in indifferenza) e di continuare a lavorare tutti in direzione (“ostinata e contraria”?) della Pace.
Infine consentitemi una piccola riflessione personale. Io sono allergico a quel modo di parlare per slogan che non tiene in considerazione l’estrema complessità delle situazioni internazionali. Secondo me questa prassi, del parlare per slogan, sta ad esempio uccidendo la politica italiana. Quando parliamo di Pace non lo facciamo con la faciloneria espressa a volte dalle candidate di Miss Italia per fare buona impressione. Parliamo di Pace partendo dalla consapevolezza del percorso di morte intrapreso da più parti. Parliamo di Pace nell’ottica di una visione generale del mondo e del futuro che incute terrore, parliamo di Pace attraverso la potenza di gesti concreti e inequivocabili. L’abbraccio tra Maoz e Aziz è uno di essi e ci dimostra come cambiare strada sia possibile.