Così recitava uno slogan di alcuni anni fa per evidenziare l’importanza che, nel corso dei decenni, ha condotto il Festival di Sanremo a diventare un’icona della musica italiana nel mondo. Però, nel tempo, l’attesa di questa importante manifestazione è diventata più una corsa alla critica, all’insulto, alla rimostranza gratuita, e non solo durante la fatidica settimana. Si inizia già qualche mese prima. Appena in TV si parla del Festival, del presentatore, dei co-presentatori, dei cantanti e dei loro testi, i social diventano uno spietato ring. Si fanno pronostici sul presunto vincitore, su chi salirà sul podio, basandosi solo sulla fama del momento di un cantante rispetto ad un altro, si commentano i compensi dei presentatori, degli ospiti. Si cerca, in modo spietato, ogni gaffe, ogni piccola sfumatura ambigua da poter giudicare spietatamente. Qualche giorno prima cominciano i post anti Sanremo, seguiti da domande “intelligenti” del tipo: “Quanti siamo a non guardare Sanremo?”. E proprio chi giura e spergiura di non guardarlo affatto, si lancia sulle critiche più taglienti, subito dopo la prima serata. In questa 74esima edizione si sono toccati livelli altissimi di filosofia mediatica: “È scadente…” “È mediocre…” “Ho visto un film che è meglio”. Intanto si parla di ascolti alle stelle, di share mai toccati negli anni precedenti. Se è pur vero che ognuno di noi deve sentirsi libero di guardare ciò che vuole, che può esprimere il proprio parere in virtù di un diritto sacrosanto, quello della libertà di parola, è altrettanto vero che parlare in modo inconsulto e ripetitivo di qualcosa che non piace equivale a dargli una notevole rilevanza. Persino Netflix, noto servizio streaming in abbonamento per guardare film e serie TV, durante la settimana dedicata a Sanremo ha trasmesso una pubblicità in cui dice “Lo sappiamo, questa settimana guarderete altro. Ci rivediamo la prossima” quasi palesando che tutti gli italiani saranno incollati su Rai Uno. Si dimentica, forse, che il Festival va in onda dopo le 20:30 fino a notte inoltrata, per cui chi non vuole seguirlo non è obbligato perché negli innumerevoli canali del digitale terrestre ci sono moltissimi altri generi con cui ci si può soddisfare. Non sarà, forse, che vorremmo essere lì, che piacerebbe anche a noi calcare il palco con uno degli splendidi vestiti di famosi stilisti? No, assolutamente, perché è più facile la storia della volpe e l’uva. Se davvero non vogliamo vederlo Sanremo, non vediamolo, se vogliamo vederlo non temiamo che gli altri ci possano criticare, d’altronde è uno spettacolo che ci fornisce il termometro musicale della nostra realtà. Non ci obbliga, non ci condiziona, non ci schiavizza, trasmette musica, più o meno qualificata, più o meno destinata al successo. A chi non piace, se ne faccia una ragione. Ogni anno sarà puntualmente presente e più lo si detesta, più se ne parla, più se ne parla, più cresce la sua audience. Siate leggeri, c’è veramente di peggio in TV. E magari sono cose che a tanti, davvero tanti, piacciono. Anche a voi.