19 luglio, domenica, primo pomeriggio, a Palermo in via d’Amelio la mafia ammazza brutalmente il giudice Paolo Borsellino, Agostino Catalano capo scorta, Vincenzo Li Muli, Walter Eddy Cosina, Claudio Traina ed Emanuela Loi unica donna a far parte della scorta e prima donna della Polizia di Stato a cadere in servizio.
Palermo quel giorno fu l’inferno in terra: di alcuni di quei corpi si ritrovò ben poco, il tritolo adoperato era di una quantità e potenza tale da provocare una carneficina, a terra dove era posteggiata l’auto imbottita si formò una voragine profondissima e tutto attorno era come se si fosse in guerra.
Cinquantasette giorni prima a Capaci stesso scenario: un’altra bomba aveva fatto saltare un pezzo di autostrada dove persero la vita in un secondo, il tempo di un click ad un telecomando, altre vite. Vite preziose. Quella del giudice Giovanni Falcone, della sua compagna, la moglie Francesca Morvillo anch’ella magistrato e dei giovani agenti Antonio Montinaro, Vito Schifani, Rocco Dicillo. Questi attentati hanno fatto sprofondare, agli occhi del mondo, questa nostra Terra bella e disgraziata nel luogo più profondo e buio che che più fondo e buio non si può. Per sempre.
Dal quel maledetto 19 luglio i palermitani giusti e onesti scossi dalle bombe e da tanta ferocia hanno manifestato la loro assoluta dissociazione dalla mafia. Da allora sono sorti movimenti, si svolgono presidi, si sono piantati alberi in onore dei giudici ammazzati e dei ragazzi delle loro scorte, si è ricostruita l’autostrada con il giardino della Memoria e via D’Amelio è diventata, grazie all’albero d’ulivo voluto dalla madre di Paolo Borsellino, luogo di pace e di ritrovo, ogni giorno ci si riunisce e ci si abbraccia attorno a quella pianta.
I Palermitani non dimenticano ed è giusto così.
Non dimenticano e chiedono ancora di sapere la Verità.
Anche quest’anno nel trentaduesimo anniversario della strage si sta preparando una manifestazione in via d’Amelio attorno “all’albero della pace” per ricordare e per chiedere ancora più forte che si arrivi a fare finalmente Giustizia.
La mafia, però, non è un fatto Palermitano, non è solo un fatto Siciliano, non è Italiano è un fattaccio che riguarda tutto il mondo e soprattutto non può e non deve essere considerato solo un fatto locale, farlo significherebbe sminuirne la portata.
Questi grandi eroi sono morti per salvare la Terra dalla mafia.
Teniamocelo a mente.
Queste giornate ogni uomo di sani principi ha il dovere di ricordarle e commemorarle. Quest’anno a Catania nessuna manifestazione è stata organizzata né dai movimenti antimafia né da chi si dice interessato all’argomento.
Queste giornate commemorative costano fatica e grande dispendio di energia…
Così ognuno lo farà, se lo farà, a modo suo.
Io continuerò a farlo con il teatro.
Ricordando i caduti, le cadute e le vittime innocenti di mafia tra questi i familiari, le madri, le moglie, le figlie, le sorelle dei morti ammazzati.
Parlerò ai ragazzi, racconterò lo strazio e il dolore di chi ha subito la Mafia.
Lo farò portando in scena un recital tratto da “Libere – donne contro la mafia” da me scritto, diretto e interpretato.
Ne parlerò per dare retta a Borsellino che diceva: “L’unico modo per sconfiggere la mafia è toglierle il consenso”. E questo si fa indirizzando i giovani verso la strada della Legalità, della Giustizia, della bellezza della vita pura e gentile fatta solo di Verità.
Cinzia Caminiti autrice regista attivista